Libano, elezioni parlamentari segnate da pessimismo e disincanto
Domenica 6 maggio, in Libano, 3,7 milioni di persone sono state chiamate ad esprimere un voto in occasione delle elezioni parlamentari, le prime dal 2009. Dalle urne è emersa una consistente ascesa del gruppo sciita Hezbollah, che, insieme ai suoi alleati politici, ha conquistato oltre la metà dei seggi del Parlamento. Buono anche il risultato di Forze Libanesi un partito d’opposizione, guidato dal politico ed ex guerrigliero Samir Geagea. A soffrire un forte calo, invece, è stato il Movimento il Futuro, una formazione di centrodestra guidata dal premier sunnita Saad Hariri, figlio dell’ex primo ministro Rafiq, ucciso nel 2005 in un attentato esplosivo sul lungomare di Beirut.
Ad ogni modo, al di là dei risultati elettorali in sé, ciò che mi sembra davvero interessante nel caso di queste elezioni --svoltesi, non dimentichiamolo, con la guerra siriana alle porte-- è il forte tasso di astensione che hanno fatto registrare. Nonostante gli appelli lanciati da diversi esponenti del mondo politico libanese, non ultimo il presidente Michel Aoun, solo il 49,2% degli aventi diritto ha deciso di andare a votare, un netto calo rispetto alle legislative del 2009, quando la partecipazione era stata del 54%.
Il prezzo della disonestà
Lo scorso 6 marzo, due giorni dopo le elezioni per il rinnovo dei due rami del Parlamento italiano, appariva sulle pagine del New York Times dedicate all’attualità europea un commento del giornalista italiano Beppe Severgnini, nota firma del Corriere della Sera. L’articolo aveva un titolo piuttosto eloquente, At the Polls, La Dolce Vita Yields to Anger, e si riferiva al sentimento di malessere profondo che sembrava aver ispirato, seppur con certe differenze tra Nord e Sud, le scelte elettorali di milioni di italiani. Con riferimento agli elettori delle regioni del Nord, Severgnini citava 3 gra
Quando il dialogo diventa un monologo
Quella che sto per raccontarvi sarebbe una semplice notizia di cronaca locale, una curiosità dal sapore più sociologico che politico, se non fosse per un dettaglio… molto importante: mi ricorda una polemica scoppiata un paio d’anni fa, in occasione della visita a Roma del presidente iraniano Hassan Rouhani, all’epoca al suo primo mandato presidenziale. Una polemica che nel giro di poche ore divenne un caso mediatico internazionale. Mi riferisco al cosiddetto ‘scandalo delle statue coperte’. Qualcuno di voi probabilmente ricorderà la vicenda: nel gennaio del 2016, le splendide statue di marmo c
Primavera a Roma, giardini e parchi invasi dall’erba
In primo piano, c’è un’esuberante macchia d’erba. Il colore del prato va dal verde pallido al giallo oro, con qualche accenno color miele. Immersa nell’erba, una panchina di legno dalle linee art nouveau. Sullo sfondo, vediamo degli alberi, morbidi e frondosi. La scena fa pensare a un dipinto impressionista, ma, invece, è molto attuale. È una fotografia, scattata lo scorso 4 maggio da un lettore del quotidiano La Repubblica nel Parco Scott, un’area verde creata negli anni ‘70 e oggi parte integrante del Parco dell’Appia antica, nel settore sud-orientale di Roma.
Uno sguardo più attento rivela c
Venezia, le mani di Lorenzo Quinn lasciano il Canal Grande
Per loro, l’8 maggio scadeva definitivamente la proroga concessa dalla Soprintendenza, l’ente che si occupa della tutela dei beni culturali. E così, ieri, se ne sono andate, smontate pezzo per pezzo e caricate su una zattera, sotto lo sguardo della folla curiosa. Se ne sono andate lasciando un senso di vuoto, una grande tristezza nei veneziani, che a quelle giganti mani bianche che emergevano dal Canal Grande a sorreggere, idealmente, la facciata dell’hotel Ca’ Sagredo si erano davvero affezionati.
Imponenti, ma al tempo stesso delicate e amorevoli, le due sculture erano arrivate il 13 maggio