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Durante questa surreale settimana di commenti e di reazioni a quello che, a tutti gli effetti, è stato l’11 settembre europeo, si è sentito, in Italia, così come in America, tutto e il contrario di tutto.

Anche la riflessione, senz’altro giusta, che la vita umana ha lo stesso valore dappertutto, e che alle vittime del terrorismo non si può applicare la regola dei “due pesi, due misure.”

Il suo corollario però, che si è anche sentito spesso, risulta, secondo me, pericolosamente relativista.

In molti, infatti, hanno detto che le stesse manifestazioni pubbliche di cordoglio e di condanna, andrebbero estese alle vittime del terrorismo di Beirut, (una bomba il giorno prima dell’attento di Parigi, Sharm-El-Sheik, in Egitto), (l’aereo russo delle vacanze probabilmente abbattuto in volo sul Sinai) e Bamako (la capitale del Mali dove i jihadisti hanno assaltato l’hotel Radisson, pieno di occidentali e non solo). E sto solo citando gli attentati più recenti.

Qualcuno in Italia, addirittura, sulla base di questa argomentazione, si è dissociato dalle cerimonie pubbliche; come le 4 studentesse musulmane di Varese che durante il minuto di silenzio dedicato alle 130 vittime del venerdì 13 parigino, si sono allontanate, per protesta dall’aula.

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