
Con il voto del 25 settembre 2022, quello che ha aperto la porta di Palazzo Chigi a Giorgia Meloni, ha preso il via una nuova stagione parlamentare. Nuova in molti sensi, perché quello che è entrato in funzione nell’autunno di quell’anno è stato un parlamento numericamente ridotto. Un esperimento inedito, figlio di un’ossessione del Movimento 5 Stelle.
Nell’ottobre del 2019, una riforma costituzionale approvata dall’allora parlamento, poi confermata con un referendum nel settembre del 2020, aveva stabilito che la legislatura seguente avrebbe visto Camera e Senato in versione ridotta. I deputati

Mi chiedo se Luca De Fusco immaginasse che la notizia della sua nomina a direttore generale della Fondazione Teatro di Roma avrebbe generato tanto scalpore, tanta rabbia.
La polemica è scoppiata, con forza, la mattina di sabato 20 gennaio. Quel giorno, Francesco Siciliano, presidente del Consiglio d’amministrazione della Fondazione Teatro di Roma — l’organo che amministra quattro importanti teatri della capitale: l’Argentina, il Torlonia, l’India e il Valle — è furioso, e ha convocato una conferenza stampa. Sotto accusa, appunto, la recente nomina del regista teatrale napoletano Luca De Fusco

Sul finire dell’anno scorso, trovandomi a passare le vacanze di Natale a Buenos Aires, ho avuto la fortuna di assistere, al Teatro Colón, a una rappresentazione di uno splendido balletto di epoca romantica: El Corsario.
Mi accompagnava, quella sera, Fernanda, un’amica argentina, attrice e docente nel sistema scolastico pubblico. Dopo la rappresentazione, mentre camminavamo lungo la calle Libertad, sul lato orientale di Plaza Lavalle, Fernanda mi indicò un bel palazzo in stile neoclassico, simile a un tempio greco. Sei eleganti statue, quattro colonne ioniche di granito grigio e un timpano sul

Qualche mese fa, un’amica che studia cinema doveva sostenere un esame di fine corso. “Avremo due ore di tempo per rispondere a tre domande, scelte tra i temi affrontati durante il corso — il cinema espressionista tedesco, il film noir, il Western, e così via —”, mi aveva detto. Mentre lei parlava, io avevo immaginato un colloquio orale. Nella mia mente, vedevo i candidati davanti ai professori… e un vivace flusso di domande e risposte. E invece, no. L’esame in questione, mi aveva poi detto la mia amica, sarebbe stato una prova scritta. Da scrivere a mano. Con la penna a biro… e la carta. Lapto