Robot ricostruiscono a Pompei manufatti distrutti
23 December 2021
BlackMac / Shutterstock
Mario: | Nelle scorse settimane, la stampa italiana ha parlato di un progetto tecnologico d’avanguardia che in futuro potrebbe essere utilizzato da studiosi di tutto il mondo per la restaurazione di antichi manufatti. Parliamo di reperti archeologici danneggiati dal tempo e andati distrutti in migliaia di pezzi di varie dimensioni, difficili da ricomporre. Un articolo pubblicato il 7 dicembre dalla rivista specializzata Le Scienze, ha paragonato la condizione in cui versano certi reperti archeologici a puzzle di diecimila pezzi che si cerca di ricomporre senza avere alcuna immagine di riferimento. RePAIR, acronimo inglese di Reconstructing the past: Artificial Intelligence and Robotics meet Cultural Heritage, è il nome del progetto che è stato messo a punto dai ricercatori dell’Università Ca’Foscari di Venezia, in collaborazione con altre istituzioni scientifiche internazionali. La sperimentazione di RePAIR avrà una durata di tre anni e inizialmente sarà testata su preziosi manufatti pompeiani. Come tutti sappiamo, nel 79 dopo Cristo una violenta eruzione del Vesuvio seppellì sotto un fitto strato di ceneri e detriti incandescenti la città romana di Pompei, preservandone così gran parte degli edifici pubblici e privati. Alcuni manufatti, però, sono giunti sino a noi praticamente in frantumi. Il progetto RePAIR, grazie all’uso di una tecnologia all’avanguardia, mira alla ricomposizione di migliaia di frammenti di alcuni reperti provenienti dai depositi del Parco Archeologico di Pompei. Uno di questi, è l’affresco del soffitto della Casa dei Pittori al Lavoro nell’insula dei Casti Amanti, già danneggiato dall’eruzione del primo secolo a.C e poi ridotto completamente in frantumi in seguito ai bombardamenti, che ebbero luogo nel corso della Seconda Guerra Mondiale. |